Viktoriia Roshchyna: cronaca e analisi politica di una morte annunciata


La vicenda della giornalista ucraina Viktoriia Roshchyna, morta in un carcere russo dopo mesi di detenzione e torture, rappresenta uno dei casi più emblematici della repressione sistematica esercitata dalla Russia nei confronti dei civili e dei reporter nei territori occupati. La sua storia, ricostruita grazie a testimonianze dirette, indagini giornalistiche internazionali e rapporti ufficiali, getta luce non solo sulle condizioni disumane delle prigioni russe, ma anche sulla volontà di Mosca di soffocare ogni voce indipendente che possa documentare i crimini commessi durante l’invasione dell’Ucraina.

Le origini e l’impegno giornalistico

Viktoriia Roshchyna, nata nel 1996 a Zaporizhzhia, si era già distinta per il coraggio e la determinazione nel raccontare la guerra. Era una delle poche giornaliste ucraine disposte a rischiare la vita attraversando la linea del fronte per documentare la realtà nei territori occupati, nonostante avesse già subito una prima detenzione da parte dei russi nel 2022, con torture psicologiche e la costrizione a girare un video di propaganda. Nonostante il trauma, aveva continuato la sua attività investigativa, concentrandosi su temi come la repressione degli oppositori, le condizioni dei lavoratori della centrale nucleare di Zaporizhzhia e le violenze contro i civili

La scomparsa nell’estate 2023

Nel luglio 2023, Roshchyna decide di tornare nell’Ucraina orientale occupata per indagare sulla distruzione della diga di Kakhovka e sulla rete di “black sites” – luoghi segreti di detenzione e tortura gestiti dai servizi russi. Per motivi di sicurezza, entra nei territori occupati passando da Polonia, Lituania, Lettonia e infine Russia. Il 3 agosto contatta la famiglia per l’ultima volta, dopo aver superato i controlli di frontiera. Da quel momento, scompare nel nulla. La famiglia denuncia la scomparsa il 12 agosto e, solo a fine settembre, riceve conferma dalle autorità ucraine che Viktoriia è stata catturata dai russi

La detenzione e le torture

Dalle testimonianze raccolte, emerge che Roshchyna viene inizialmente trattenuta a Enerhodar e poi trasferita a Melitopol, dove subisce torture: scosse elettriche, ferite da coltello, lividi e una costola rotta. Viene poi spostata nella prigione di Taganrog, in Russia, nota per le condizioni disumane e le violenze sistematiche. Qui, secondo le testimonianze di ex detenuti e della sua compagna di cella, Viktoriia appare sempre più debilitata, rifiuta il cibo, perde peso fino a scendere a 30 kg e viene più volte ricoverata in ospedale sotto stretta sorveglianza. L’ultima telefonata ai genitori avviene nell’agosto 2024, quando riferisce di essere in attesa di uno scambio di prigionieri e saluta la famiglia con parole d’addio

La morte e la restituzione del corpo

Il 19 settembre 2024, secondo la versione ufficiale russa, Roshchyna muore per “cause naturali” in carcere. Solo nell’ottobre 2024 la famiglia viene informata del decesso, senza dettagli sulle circostanze. Nel febbraio 2025, durante uno scambio di corpi tra Russia e Ucraina, i resti di Viktoriia vengono restituiti: il cadavere è irriconoscibile, la testa rasata, ustioni ai piedi, segni di scosse elettriche, una costola rotta, frattura dell’osso ioide (compatibile con strangolamento) e, soprattutto, mancano cervello, occhi e laringe – elementi che rendono impossibile accertare la causa della morte e suggeriscono un tentativo di occultare le prove delle torture subite

Le reazioni e l’impatto politico

La morte di Roshchyna ha provocato indignazione internazionale. L’Unione Europea e le principali organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato la detenzione arbitraria e chiesto un’indagine indipendente. Il Procuratore generale ucraino ha aperto un fascicolo per crimini di guerra. Il presidente Zelenskyy ha definito la sua morte “un colpo durissimo” per la libertà di stampa in Ucraina. La vicenda è diventata simbolo della repressione russa contro giornalisti, attivisti e civili nei territori occupati, e ha rilanciato il dibattito sulla necessità di meccanismi internazionali efficaci per la protezione dei reporter di guerra.

La timeline della vicenda di Viktoriia Roshchyna non è solo la cronaca di una morte annunciata, ma anche la testimonianza di un sistema repressivo che mira a cancellare ogni traccia di verità nei territori occupati. La sua storia, raccolta e rilanciata da colleghi e media internazionali, rappresenta un monito sulla fragilità della libertà di stampa e sulla necessità di non abbassare la guardia di fronte ai crimini contro l’umanità

“Abbiamo mantenuto fede alla nostra missione, trasmettere la verità al mondo, contrastando la propaganda russa. Purtroppo molti giornalisti sono morti. Voglio dedicare questo premio a loro. Dopo tutto, sono morti nella lotta per la verità, cercando di documentare i crimini russi.”

  • Viktoriia Roshchyna, novembre 2022 Fonte

 

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