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DeepSeek scuote il mercato dell'AI, tra BigTech e Politica

Negli ultimi giorni, l'attenzione delle autorità occidentali si è focalizzata sull'azienda cinese di intelligenza artificiale DeepSeek, la quale ha recentemente lanciato un chatbot a basso costo che ha suscitato un notevole interesse nel panorama tecnologico globale.

Questo sviluppo ha portato a una serie di reazioni da parte di vari governi, in particolare in Europa e negli Stati Uniti, evidenziando le preoccupazioni riguardo alla sicurezza dei dati e all'uso di tecnologie sensibili.

Donald Trump dovrebbe incontrarsi venerdì con il CEO di Nvidia Jensen Huang, il primo incontro tra il presidente degli Stati Uniti e il capo del principale produttore di Chips AI Advanced.

Rapporti diversi hanno riferito che l'incontro è stato pianificato prima dell'ultima uscita di intelligenza artificiale di Deepseek cinese.

Le preoccupazioni Europee

In Italia, il governo ha deciso di bloccare l'applicazione più popolare di DeepSeek, giustificando la scelta con timori legati alla protezione dei dati degli utenti. Questa mossa riflette un trend crescente tra i paesi europei, che stanno adottando misure più severe nei confronti delle tecnologie provenienti dalla Cina. Anche Francia e Irlanda hanno annunciato l'intenzione di interrogare l'azienda sulle sue pratiche di privacy, segnalando una crescente cautela nei confronti delle aziende tecnologiche cinesi.

Indagini negli Stati Uniti

Parallelamente, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti sta conducendo un'inchiesta per verificare se DeepSeek abbia utilizzato chip americani che sono stati vietati per l'esportazione in Cina. La società ha dichiarato di utilizzare chip Nvidia H800, che erano legali per l'esportazione nel 2023. Tuttavia, fonti hanno riferito che chip avanzati per l'intelligenza artificiale vengono frequentemente contrabbandati in Cina attraverso paesi terzi, alimentando ulteriormente le preoccupazioni statunitensi.

Implicazioni tecnologiche e geopolitiche

Il modello R1 di DeepSeek ha dimostrato prestazioni comparabili a quelle delle principali intelligenze artificiali statunitensi, ma con un utilizzo significativamente ridotto delle risorse computazionali. Questo fattore non solo rappresenta una sfida per le aziende tecnologiche occidentali, ma solleva anche interrogativi sulla capacità dell'Occidente di mantenere il proprio vantaggio competitivo nel campo dell'IA. L'intensificarsi della vigilanza su DeepSeek è emblematico di una tensione più ampia nelle relazioni tra Occidente e Cina. Le preoccupazioni relative alla sicurezza informatica e alla protezione dei dati sono destinate a crescere man mano che le tecnologie avanzate continuano a evolversi e a diffondersi globalmente.

 

1.2.25
Organizzazioni olandesi chiedono che il governo smetta di usare piattaforme di social network

Le recenti dichiarazioni di diverse organizzazioni olandesi, tra cui il WAAG Futurelab e Bits of Freedom, hanno fatto partire un dibattito sulla presenza del governo sui social media. Queste organizzazioni hanno lanciato un appello urgente affinché il governo olandese interrompa l'uso di piattaforme come Facebook, Instagram e X (ex Twitter), sostenendo che tali piattaforme rappresentano una minaccia per la democrazia e la libertà.

La motivazione dell'appello

La richiesta è stata motivata dalla recente decisione di Meta, la società madre di Facebook e Instagram, di cessare la collaborazione con i fact-checker negli Stati Uniti. Questa mossa ha sollevato preoccupazioni sul fatto che le discussioni pubbliche siano sempre più influenzate da grandi aziende tecnologiche che perseguono principalmente il profitto, contribuendo così alla polarizzazione sociale. Le organizzazioni affermano che queste aziende non hanno a cuore il benessere degli utenti, ma mirano solo a massimizzare i profitti, deteriorando il dibattito pubblico e aumentando la divisione tra le persone.

La posizione del governo

Nonostante l'appello, il premier olandese Dick Schoof ha dichiarato che il governo non ha intenzione di abbandonare i social media. Secondo Schoof, questi canali rappresentano un'importante opportunità di comunicazione con i cittadini. Ha sottolineato che rinunciare a questi strumenti significherebbe perdere un mezzo cruciale per informare e interagire con il pubblico. Inoltre, ha assicurato che il governo continuerà a monitorare attentamente le pratiche di moderazione dei contenuti delle piattaforme social e si aspetta che rispettino le normative europee come la Digital Services Act.

Le reazioni del pubblico

L'appello ha già raccolto oltre 1.100 firme, evidenziando una crescente preoccupazione tra i cittadini riguardo all'influenza delle grandi aziende tecnologiche sulla vita pubblica. Tuttavia, ci sono opinioni contrastanti: alcuni sostengono che l'uscita del governo dai social media potrebbe portare a una maggiore disinformazione e isolamento delle voci moderate, mentre altri ritengono che sia fondamentale per la democrazia ridurre la dipendenza da tali piattaforme. 

Il dibattito sull'uso dei social media da parte del governo olandese mette in luce le tensioni tra la necessità di comunicazione pubblica e le preoccupazioni per la sicurezza democratica. Mentre le organizzazioni chiedono un cambiamento radicale nella strategia comunicativa del governo, il premier Schoof sembra determinato a mantenere aperti i canali di comunicazione attraverso queste piattaforme. La questione rimane aperta e continuerà a suscitare discussioni nei prossimi mesi.

 

11.1.25
Meta elimina i fact-checker negli Stati Uniti: le reazioni di Trump e Musk



In una mossa che segna un cambio di rotta significativo, Meta, la società madre di Facebook e Instagram, ha annunciato la fine del suo programma di fact-checking negli Stati Uniti. La decisione, comunicata dal CEO Mark Zuckerberg, si allinea alle priorità politiche dell’amministrazione Trump, che si appresta a tornare alla Casa Bianca.

“Elimineremo i fact-checker che hanno dimostrato di essere troppo politicamente faziosi, distruggendo più fiducia di quanta ne abbiano generata, soprattutto negli Stati Uniti,” ha dichiarato Zuckerberg in un post ufficiale. Al posto del programma di verifica dei fatti, Meta introdurrà un sistema di “Community Notes” simile a quello adottato da X (ex Twitter), inizialmente negli Stati Uniti.

La notizia ha suscitato immediatamente reazioni, con Elon Musk, proprietario di X e da tempo critico verso i sistemi di moderazione tradizionali, che ha accolto la novità con entusiasmo. “È fantastico,” ha scritto Musk su X, evidenziando come questa decisione rispecchi le sue critiche verso i fact-checker, accusati di operare come strumenti di censura.

Le critiche di Trump e il nuovo corso di Meta


Donald Trump, presidente eletto, ha espresso soddisfazione per la mossa di Meta, attribuendola in parte alle sue dichiarazioni passate contro Zuckerberg. Rispondendo a una domanda dei giornalisti nella sua residenza di Mar-a-Lago, Trump ha affermato: “Probabilmente, sì,” quando gli è stato chiesto se la decisione fosse una risposta diretta alle sue minacce nei confronti del CEO di Meta.

Trump è stato un acceso critico di Zuckerberg e di Meta negli ultimi anni, accusando l’azienda di parzialità politica e di aver preso di mira le voci conservatrici. L’ex presidente era stato bandito da Facebook dopo l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, per poi essere riammesso sulla piattaforma all’inizio del 2023.

“Le elezioni recenti rappresentano un punto di svolta culturale verso una nuova priorità data alla libertà di espressione rispetto alla moderazione,” ha dichiarato Zuckerberg, lasciando intendere che la decisione di eliminare il fact-checking riflette un cambio di paradigma all’interno dell’azienda.

Un clima di tensione politica


La scelta di Meta arriva in un contesto di forte polarizzazione politica. I programmi di fact-checking sono stati a lungo oggetto di critiche da parte dei conservatori, che li hanno accusati di prendere di mira in modo sproporzionato le voci della destra. Stati come la Florida e il Texas hanno già proposto leggi per limitare la moderazione dei contenuti online, consolidando ulteriormente l’idea che le piattaforme debbano garantire maggiore neutralità.

Il gesto di Zuckerberg è stato interpretato anche come un tentativo di ricucire i rapporti con Trump, dopo anni di tensioni. Non è passato inosservato, infatti, il recente contributo di un milione di dollari da parte di Zuckerberg al fondo per l’inaugurazione presidenziale di Trump.

L’eco nella Silicon Valley


La decisione di Meta sembra rispecchiare un cambiamento più ampio nella Silicon Valley, dove piattaforme come X hanno già adottato approcci meno restrittivi alla moderazione dei contenuti. Musk, da parte sua, ha definito il sistema di fact-checking “un ostacolo alla libertà di parola”, sostenendo che i nuovi strumenti basati sulle note della comunità siano più trasparenti e meno divisivi.

La fine del programma di fact-checking da parte di Meta rappresenta dunque un punto di svolta nel dibattito sul ruolo delle grandi piattaforme tecnologiche nella gestione della libertà di espressione e della moderazione dei contenuti. Resta da vedere come questa scelta influirà sul panorama politico e sociale statunitense, già fortemente polarizzato.

7.1.25
Amazon continua le pressioni sui venditori terzi: ultima stretta, rimborso parziale da marzo 2025

Amazon ha recentemente annunciato un cambiamento significativo nella sua politica di rimborso per i venditori di terze parti, suscitando preoccupazioni e critiche all'interno della comunità dei venditori. Questo cambiamento si inserisce in un contesto più ampio di crescente pressione economica su questi venditori, che rappresentano oltre il 60% delle vendite sulla piattaforma.

Aumento delle commissioni e pressione sui venditori

Negli ultimi dieci anni, Amazon ha progressivamente aumentato la sua quota sui ricavi dei venditori, passando dal 19% nel 2014 al 45% nella prima metà del 2023. Nel 2023, Amazon ha incassato ben 140 miliardi di dollari dai venditori di terze parti. Le commissioni per i servizi di logistica e spedizione sono aumentate, e nel 2024 sono state introdotte spese aggiuntive per il periodo natalizio. Sebbene nel 2025 Amazon abbia annunciato una stabilizzazione delle tariffe e persino una riduzione per alcuni pacchi ingombranti, questo non ha placato le preoccupazioni dei venditori.

Cambiamento della politica di rimborso

A partire dal 10 marzo 2025, Amazon cambierà la sua politica di rimborso per i prodotti persi o danneggiati durante il processo di Fulfillment by Amazon (FBA). Invece di rimborsare il prezzo di vendita completo, i venditori riceveranno solo il costo di produzione del prodotto, che è significativamente inferiore. Questa modifica è vista come un aumento de facto delle commissioni per i venditori, poiché non saranno rimborsati per le spese doganali, le spese di spedizione o le spese di gestione associate ai prodotti danneggiati.

Implicazioni economiche e rischi competitivi

Il cambiamento nella politica di rimborso ha sollevato interrogativi su come Amazon calcolerà il costo di produzione dei prodotti. I venditori potrebbero dover fornire ad Amazon informazioni sensibili sui costi di produzione, esponendosi al rischio che la piattaforma utilizzi queste informazioni a loro svantaggio. Alcuni esperti avvertono che questo potrebbe consentire ad Amazon di competere in modo sleale, riducendo i prezzi sotto il costo marginale dei concorrenti.

Reazioni dei venditori e prospettive future

Le reazioni tra i venditori sono state fortemente negative; molti temono che questa nuova politica trasferisca il peso delle perdite sui loro affari. Alcuni stimano che le riduzioni nei rimborsi potrebbero variare tra il 42% e il 70%, un colpo significativo in un settore già caratterizzato da margini ristretti. Nonostante la possibilità di esplorare alternative come la creazione di siti web diretti al consumatore, Amazon rimane una porta d'ingresso fondamentale per le vendite online. 

 In un contesto in cui Amazon affronta anche indagini antitrust a livello federale riguardanti le sue pratiche commerciali, questa modifica alle politiche potrebbe avere ripercussioni significative non solo per i venditori ma anche per l'intero panorama del commercio elettronico. La domanda rimane: quali alternative hanno i venditori se non possono più fidarsi della piattaforma che una volta consideravano indispensabile?

 

3.1.25
Il consumo energetico dei colossi IT supera quello di interi Paesi

Nel 2023, i data center di Google e Microsoft hanno consumato più elettricità di molti paesi del mondo.

Per fare un paragone, l'Azerbaigian, con una popolazione di 10,5 milioni di abitanti, ha utilizzato la stessa quantità di elettricità consumata da ciascuna delle due aziende. Con l'aumento dell'intelligenza artificiale, il consumo energetico delle aziende IT continuerà a crescere. Ad esempio, una ricerca con ChatGPT consuma quasi 10 volte più elettricità di una ricerca su Google.

 

16.7.24
Twitter, Musk stuzzica il ritorno di Trump

 

Elon Musk ha twittato ieri sera un sondaggio di 24 ore, chiedendo ai suoi 117 milioni di follower se l'account Twitter dell'ex presidente Trump dovesse essere ripristinato.

11 milioni di voti sono arrivati ​​durante le prime 15 ore, con il 52% a favore della reintegrazione e il 48% contrario.

20.11.22
Usa, gola profonda svela segreti di Fb

C'era un piano di sicurezza" e di controlli sui messaggi d'odio e sulla disinformazione su Facebook, ma "dopo le elezioni presidenziali del 2020 qualcosa è cambiato". 

Gli algoritmi sarebbero cambiati e il sistema sarebbe diventato "meno sicuro". 
 Frances Haugen,ex dipendente Facebook, laureata a Harvard, assunta nel 2019 come ingegnere informatico, ha svelato in un'intervista esclusiva sulla Cbsche Fb avrebbe allentato la censura dei messaggi d'odio e i contenuti che disinformavano sul risultato elettorale.

4.10.21
Apple e Tesla colpite dalla carenza di carbone in Cina e dalla crisi energetica

 

I colossi della Big Tech stanno subendo un duro colpo poiché un certo numero di stabilimenti dei loro fornitori in Cina ha sospeso le operazioni questa settimana per conformarsi a rigide politiche di limitazione dell'elettricità.

Il South China Morning Post riporta che almeno 20 giurisdizioni provinciali su 31 sono state costrette ad adottare misure di razionamento dell'elettricità la scorsa settimana, con la scarsa offerta di carbone che ha innescato un crollo della produzione cinese.

Il prezzo del carbone termico - su cui il Paese fa affidamento per oltre la metà della sua energia - è esploso da $104/ton di gennaio a circa 170 $170/ton di settembre, ma le leggi di Pechino vietano alle aziende di trasferire l'aumento dei costi ai consumatori, costringendole a prendere il colpire invece.

30.9.21