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LGBTQ+ in Russia: una lotta per la sopravvivenza contro un regime repressivo

La notizia della tragica morte di Andrei Kotov, un imprenditore russo arrestato per aver gestito un'agenzia di viaggi per la comunità gay, ha scosso profondamente la comunità internazionale. Kotov è deceduto in custodia della polizia, ufficialmente per suicidio, ma le circostanze che circondano il caso sollevano inquietanti interrogativi. Accusato di "attività estremiste", Kotov aveva denunciato torture e abusi durante la sua detenzione, in linea con un modello di persecuzione sistematica contro la comunità LGBTQ+ in Russia.

Questo drammatico evento si inserisce in un contesto più ampio di repressione orchestrata dal governo russo, guidato da Vladimir Putin. Nel 2023, la Corte Suprema del paese ha etichettato individui e gruppi LGBTQ+ come "estremisti", equiparandoli a minacce alla sicurezza nazionale. Questa decisione ha legittimato una serie di misure repressive, tra cui raid nei locali gay e arresti arbitrari.

Il caso di Kotov non è isolato. Ricorda i decessi sospetti di altri oppositori del regime, come Aleksei Navalny, leader anticorruzione morto in circostanze mai chiarite in una prigione artica. Questi episodi evidenziano la pericolosità di un sistema che utilizza la legge come strumento per schiacciare il dissenso e limitare le libertà fondamentali.

Una comunità sotto assedio

La comunità LGBTQ+ russa si trova oggi in una situazione estremamente precaria. La criminalizzazione delle identità sessuali e di genere non conformi non solo alimenta discriminazione e violenza, ma isola ulteriormente le persone queer, negando loro spazi sicuri e possibilità di autodeterminazione.

A livello internazionale, la risposta dei governi occidentali è stata variegata. Mentre l'amministrazione Biden ha criticato apertamente le politiche di Putin, alcuni leader hanno adottato un atteggiamento più morbido, rischiando di lasciare campo libero al regime russo. La questione dei diritti LGBTQ+ in Russia diventa così un banco di prova per il rispetto dei diritti umani su scala globale.

Cosa possiamo fare

In questo clima di oppressione, è fondamentale che la comunità internazionale agisca. I governi devono aumentare la pressione diplomatica, mentre organizzazioni e cittadini possono sostenere ONG come OVD-Info, che monitorano e denunciano le violazioni dei diritti umani. Informarsi, sensibilizzare e offrire supporto a chi è vittima di questa repressione sono azioni imprescindibili.

La storia di Andrei Kotov deve essere raccontata, non solo per rendere omaggio alla sua memoria, ma anche per ricordare che il silenzio è complice. La lotta per i diritti LGBTQ+ in Russia non è solo una battaglia per l'uguaglianza, ma un grido di libertà contro un sistema che soffoca ogni forma di diversità.

 

1.1.25
Trasformare la polarizzazione tossica in dialogo produttivo: una nuova prospettiva digitale

Nel cuore del dibattito sulla polarizzazione politica e sociale, emerge una nuova speranza: l'uso di piattaforme digitali partecipative come Pol.is per promuovere un dialogo costruttivo. Recentemente, un progetto di ricerca condotto in un laboratorio interdisciplinare di intelligenza artificiale ha sperimentato un approccio innovativo, ridefinendo il ruolo delle piattaforme digitali nella gestione del dibattito pubblico su temi controversi come religione, sessualità e migrazione.

La sfida della polarizzazione

La polarizzazione è spesso vista come un ostacolo alla governance e alla deliberazione democratica. Tuttavia, può anche stimolare partecipazione politica e favorire scelte elettorali più nette. Il problema si presenta quando questa polarizzazione diventa tossica, degenerando in dinamiche che disumanizzano gli avversari politici e bloccano il dialogo. Le piattaforme social sono spesso accusate di amplificare questi fenomeni, promuovendo contenuti estremi che generano interazioni e quindi profitti.

Un nuovo approccio: la "re-mediatizzazione"

Il progetto ha introdotto il concetto di "re-mediatizzazione", un processo che cerca di trasformare le logiche mediali delle piattaforme per favorire un tipo di polarizzazione produttiva, piuttosto che tossica. Questo approccio si basa sull’utilizzo di strumenti digitali che combinano logiche mediali tradizionali con quelle dell’audience, permettendo alle comunità di co-creare contenuti e analisi che riflettano le loro opinioni in modo strutturato e costruttivo.

Pol.is: una piattaforma per il dialogo

Pol.is, una piattaforma open-source, si distingue per la sua capacità di raccogliere e visualizzare opinioni in tempo reale. Gli utenti possono condividere anonimamente affermazioni su un tema e votare su quelle proposte da altri, senza rispondere direttamente. Questo riduce il rischio di comunicazioni tossiche e favorisce una mappatura visiva delle opinioni, evidenziando punti di consenso e dissenso.

Un esempio significativo è stato il progetto “Tolerance Carousel”, realizzato all’Università di Utrecht. Qui, i partecipanti hanno esplorato temi come la tolleranza religiosa, l’immigrazione e la sessualità attraverso videoracconti storici seguiti da sessioni di dibattito mediato da Pol.is. L’esperimento ha mostrato come la piattaforma possa facilitare discussioni inclusive, portando a una polarizzazione più produttiva e a un maggiore rispetto delle differenze.

Risultati promettenti

La ricerca ha identificato modelli ricorrenti nelle dinamiche dei gruppi, come il "fringe effect" (l’effetto delle opinioni marginali) e il "glider pattern" (un’asimmetria nel consenso). Questi modelli offrono spunti preziosi per facilitare la deliberazione pubblica, suggerendo che anche i gruppi più polarizzati possono trovare terreni comuni.

Verso un futuro inclusivo

L’esperienza dimostra che è possibile trasformare le piattaforme digitali in strumenti per la costruzione di dialoghi più sani e inclusivi. Questo approccio richiede però un cambio di paradigma: le politiche di moderazione dei contenuti devono evolversi, passando da una logica "subordinata" delle piattaforme a una logica che valorizzi l’audience e promuova l’empatia e la comprensione reciproca.

In un mondo sempre più digitalizzato, l'uso creativo e responsabile delle piattaforme può rappresentare un passo decisivo verso una società più equa e partecipativa. Progetti come quello condotto a Utrecht offrono una visione concreta di come la tecnologia possa essere usata per rafforzare la democrazia e favorire il dialogo costruttivo su temi complessi.

 

29.12.24
Le donne CEO alla fine sono più numerose degli uomini di nome John

Le donne amministratori delegati finalmente - definitivamente - sono più numerose degli amministratori delegati con il nome John tra le società S&P 500, scrive Emily Peck di Axios da una nuova analisi di Bloomberg.

  • Perché è importante: è una sorta di progresso per le donne nell'America aziendale.

Ingrandisci: oggi ci sono 41 donne alla guida di società S&P 500 - un nuovo record, tra l'altro - e 23 amministratori delegati di nome John o Jon.

  • Johns costituiscono il 3,27% della popolazione degli Stati Uniti. Le donne costituiscono oltre il 50%, come il New York Times ha sottolineato nel 2018.

In conclusione: superare in numero Johns è bello, ma gli uomini nel complesso hanno ancora un enorme vantaggio qui. Le donne occupano solo l'8,2% dei ruoli di CEO nelle grandi aziende.

 

30.4.23